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David Lynch: viaggio onirico tra le opere del maestro visionario


State sognando. Questo è un incubo.

Forse, però, potrebbe essere un film di Lynch. Eh sì, a pensarci, è perfino probabile,

perché in questo sogno c’è una bionda attraente…e per voi sarebbe la scopata del secolo.

Eppure, questa bionda sta soffrendo, è oscura, nasconde qualcosa. È qualcosa dentro di voi,che non riuscite a carpire.

Forse, ella è vostra madre. Il vostro inconscio si è risvegliato, tra sogno ed incubo…tra cinema e realtà (questa che affronteremo potrebbe considerarsi un’indagine sul cinema alternativa a quella fatta con A Torinoi lò di Bèla Tarr).

L’introduzione che vi pongo è l’iniziazione per un viaggio, anzi, per una serie di viaggi che affronterete (o magari che avrete già affrontato) guardando i film di David Lynch. Più che un maestro di cinema; più che un pittore, si tratta di un uomo dalle doti spirituali superiori a tutti noi. Recentemente, questo artista ha ancora una volta ribadito il suo “addio” definitivo al cinema, per quanto riguarda la regia. Per chi non lo sapesse, tuttavia, il 21 Maggio è in arrivo la terza stagione della fortunata serie tv Twin Peaks, 25 anni dopo l’ultima stagione. Tutti gli episodi sono diretti dallo stesso Lynch e scritti da Mark Frost. I fan del regista statunitense (cosiddetti “lynchiani”), dunque, avranno di che gioire nelle prossime settimane (tenterò di tenervi aggiornati - prossimamente su BlogBusters - circa la reperibilità delle puntate online).

Non è di certo una monografia quella che effettueremo, però, è necessario trattare alcune opere di questo autore (eh sì, suona un po’ come quando la professoressa di Italiano a scuola assegnava un nuovo autore da studiare…”LE OPERE SONO IMPORTANTI!”…abbiamo un po’ tutti ancora in testa frasi di questo tipo)

ERASERHEAD – LA MENTE CHE CANCELLA 1977

E a proposito di frasi nella testa, quest’opera scatena in arte le paure più inconsce della mente, in particolare si parla della maternità e della paternità. L’immagine che state osservando è anche quella che vede il padre (protagonista dell’opera) quando vede il suo bambino nel film. Questa creatura inquietante, le cui urla (assordanti, onnipresenti, osessionanti) non permettono ai genitori di dormire, è uno dei tanti elementi surreali e macabri di quest’opera. Si potrebbe definire l’esordio cinematografico di David, anche se, in realtà, egli aveva già realizzato dei cortometraggi, fra cui The Alphabet, di cui parleremo. Immerso in un bianco e nero avvolgente, il film ricorda per certi versi Un chien andalou (Un cane andaluso) di Buňuel e Dalí, per l’elevato surrealismo delle scene. Sicuramente, fu più di un semplice biglietto da visita per Lynch in un mondo, quello cinematografico, che rimarrà per sempre segnato dalle sue opere. In Eraserhead c’è tutto di Lynch: dissociazione dalla realtà; psicologia umana applicata al cinema; surrealismo magico; suoni onirici e visionari; black humor. Dopo aver visto questo film, non si può non restare sbandati, quasi ipnotizzati, da una musica come questa…

Oltre al bianco e nero di Eraserhead, tuttavia, Lynch dimostrerà, con altri film, di saper incantare anche attraverso i colori.

VELLUTO BLU 1986

Dall’horror bianco e nero surreale di Eraserhead, passiamo (facendo un salto di 9 anni) ad un thriller a colori con altrettanti elementi surreali, ma con una trama ed una sequenzialità narrativa molto più classica hollywoodiana. Blue Velvet è un thriller meno psicotico, ma comunque di grande coinvolgimento mentale, come del resto qualsiasi opera di Lynch. In realtà, questa pellicola è davvero affascinante.

Al contrario dell’inquietudine (che poi è solo un’altra faccia del fascino) di Eraserhead, qui, specialmente all’inizio, c’è un elemento di fascino/attrazione, sia nei colori che risucchiano lo spettatore dentro l’opera e sia nella bellissima Dorothy Vallens (interpretata da Isabella Rossellini) che canta, con la sua fantastica voce, Blue Velvet, canzone omonima del film. Questo fascino, però, nasconde un male e ciò Lynch fa in modo che sia intuibile dallo spettatore sin dall’inizio, attraverso immagini e suoni. La stessa Dorothy nasconde segreti morbosi, che vanno poi a sfociare nel personaggio più incredibile del film: Frank Booth, il cattivone di turno. Tuttavia, è un cattivo abbastanza sui generis, interpretato da un Dennis Hopper in stato di grazia. Da un certo punto in poi, diventa centrale questo piscopatico dalla doppia personalità, sempre con una mascherina dalla quale inala un gas stupefacente, egli è emblema di un mondo criminale latente descritto da Lynch, che, però, può essere paragonato al mondo che ognuno di noi vive (sia fuori che dentro). Il protagonista (interpretato da Kyle MacLachlan, volto principale anche della già citata Twin Peaks), nel film, scopre man mano l’aspetto macabro e criminale della sua cittadina. Si può fare un paragone con il mondo reale, che sembra apparentemente pulito e bello, ma che, una volta scavato a fondo, risulta marcio…il male è sempre sotterraneo. Così, l’opera potrebbe riferirsi anche alla rappresentazione del mondo interiore di ogni persona, che vive di “pochi” pensieri positivi e di molti negativi, i quali spesso si accumulano generando molta energia (sia positiva che negativa) tenuta a fondo nell’inconscio. Questo discorso è molto caro a Lynch che, nel 2014, intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, parlò dell’energia immagazzinata dentro ognuno di noi, la quale può essere liberata, secondo lui positivamente, tramite la meditazione trascendentale, che egli, fra l’altro, pratica con orgoglio. Questo elemento di psicologia è onnipresente nell’arte lynchiana, che viene poi espressa in vari modi.

STRADE PERDUTE – MULHOLLAND DRIVE 1997 - 2001

Sono due lungometraggi che possono essere analizzati assieme, in quanto, per struttura, sono complementari l’uno all’altro. Strade Perdute, pur essendo un grande film, rappresenta quasi una prima versione un po’ incompleta di quello che poi è il vero capolavoro di Lynch, probabilmente il miglior film degli anni duemila: Mulholland Drive. In strade perdute c’è, però, uno dei personaggi più inquietanti della storia del cinema: l’uomo misterioso (lo vedete nell’immagine a destra). Per fare una presentazione di questo personaggio e, quindi, dell’intero film, basta allegare questa scena:

Non si capisce cosa rappresenti quel personaggio, se un alter ego di Fred (l’altro personaggio della scena) o una rappresentazione del male o altro…sono molte le porte aperte lasciate da questo film. In realtà, gli incastri nelle opere di Lynch ci sono, ma non si trovano facilmente. È come cercare di incastrare i pezzi di un puzzle apparentemente infinito. È un po’ come quando si tenta di mettere insieme i pezzi di un sogno, anche quando apparentemente essi non seguano un filo logico. Ed è proprio questo che Lynch fa: riprodurre il sogno attraverso una macchina da presa, rappresentando in arte la mente umana. In realtà, più che rappresentare, Lynch trasmette. Di solito, deve esserci una rappresentazione per far sì che ci sia trasmissione. Lynch è come se rompesse questa barriera, trasmettendo direttamente le sensazioni che poi ognuno di noi rappresenta al suo interno come vuole, o meglio, come i meccanismi del nostro cervello vogliono che sia. È anche il motivo per cui a molti non piace Lynch, non è che non siano in grado di capirlo (come direbbero molti fanatici del regista) è che il cervello elabora rappresentazioni che vengono in alcuni casi rigettate dallo stesso spettatore. Detto ciò, prima o poi, se rivisto, un film di Lynch ben riuscito (che sia Strade Perdute, Mulholland Drive, Eraserhead e pochi altri) non può non piacere...perché, per quanto il cervello possa rigettare l’impulso, prima o poi il segnale arriva a toccare le corde del cuore. La differenza di Lynch rispetto ad un regista come Tarr è che, mentre quest’ultimo si pone come fine ultimo l’arrivare al lato intellettuale del cervello, il primo è diretto specialmente a quello emozionale, per cui prima o poi lo spettatore con un minimo di sensibilità sarà rapito dalla sua arte.

L’esempio perfetto è proprio Mulholland Drive, in cui tutti questi elementi sono evidenti. Il film parte con una linearità abbastanza convincente, eppure è un attimo che Lynch stravolge il tutto, portando lo spettatore a non capire cosa c’è di vero e cosa c’è di finto in ciò che ha visto. Più che cosa c’è di finto, lo spettatore si chiede cosa è relativo al sogno e alla mente di uno dei personaggi e cosa, invece, sta accadendo realmente nella dimensione che crea Lynch. Come in Strade Perdute, così in Mulholland Drive l’ordine degli eventi e la loro natura (reale, onirica o fittizia che sia) sono stravolti e messi in questo cocktail blandamente mescolato. La bellezza ed il fascino del proibito presenti in Velluto Blu e Strade Perdute qui rasenta la perfezione, al punto che la scena lesbo tra Naomi Watts e Laura Harring rimane solo una delle tante scene piene d’estetica e di sentimento che è in grado di regalare questo film. Ho selezionato una scena in particolare, che di per sé non è uno spoiler, ma che vista all’interno del film regala ancora più emozione (quindi il consiglio di vedere il video va a chi già ha visionato l’opera). Il video è in lingua originale, ma i suoni e le immagini sono relativamente più importanti dell’intero discorso.

Video in lingua originale:

Nella scena sopra, con un semplice movimento della mdp, Lynch terrorizza lo spettatore, mostrandogli uno zingaro, che altro non è che la morte di ogni desiderio, il fallimento di ogni sogno umano, l’incubo più grande a cui ogni uomo fa fronte.

L’ultima chicca è The alphabet, cortometraggio del 1968 che vi ho accennato prima. In questo corto il regista mise in scena il trauma che da bambini tutti abbiamo vissuto, quando c’era da imparare l’alfabeto e le varie parole.

Godetevi il trip.

Si annoverano degli altri film nella filmografia di Lynch (The elephant man, Una storia vera…) che non ho trattato (alcuni sono ben riusciti, altri un po’ meno), ma comunque non è da escludere che il discorso sia ripreso successivamente.


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