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Cucine da Incubo: realtà o montatura?

La televisione, in quanto mezzo di comunicazione e quindi punto cardine del "Quinto potere" influenza e non poco tutti i telespettatori che, almeno fino a qualche anno fa, davano per oro colato tutto ciò che veniva propinato dalla "scatola con le immagini colorate". Il 75% dei programmi trasmessi dalle grandi emittenti hanno al loro interno qualcosa di fittizio, non spiegato o che lo spettatore può interpretare solo parzialmente, un prodotto che quindi raramente rispecchia fedelmente la realtà. Nell'era in cui gli chef hanno lasciato le cupe cucine per proiettarsi alle luci della ribalta in tutti i palinsesti, un programma in particolare ha attratto lo share e aperto discussione sulla veridicità e soprattutto l’efficacia: Cucine da Incubo (o “Kitchen nightmares” nella versione anglosassone e americana).

Il format del programma è ormai risaputo, uno chef pluristellato, Antonino Cannavacciuolo per la versione nostrana e Gordon Ramsey per quella d’oltremanica, deve risollevare le sorti di ristoranti in crisi. La trasmissione si divide in diverse fasi: un primo sopralluogo, dove lo chef assaggia i piatti e individua le lacune del locale in questione; dopodichè ne osserva un servizio “ordinario”. A questo punto si da il via a un processo di cambiamento totale dalla mentalità dei dipendenti, al menù, passando per l’arredamento dei locali tutto a spese della produzione. Il primo dubbio sorge sulla questione economica, è un programma televisivo o un ente benefico? In realtà alla consegna del ristorante una parte delle spese sostenute per il rinnovo dei locali viene comunque addebitata, con un parziale prelievo dagli incassi mensili, per il rientro economico del programma. Un altro punto sul quale si potrebbe aprire dibattito è la durata effettiva dell’intervento degli chef, che usualmente non supera i 3/4 giorni, testimoni invece hanno appurato che le riprese per una singola puntata durano fino a una settimana. Ma alla fine i ristoranti ce la fanno? O ci fanno vedere una ripresa non veritiera ed essi ripiombano nell’oblio? A questo punto bisogna andare a mettere a confronto i due programmi o comunque le due versioni e ciò evidenzia una maggiore efficacia dell’intervento di Chef Cannavacciuolo rispetto allo scozzese allievo di Mr. White. 47 ristoranti chiusi su 77 visitati per chef Ramsey contro i 5 su 40 del cuoco Sorrentino. Prima di arrivare a conclusioni affrettate bisogna effettuare delle considerazioni in parallelo: lo stato dei locali all’arrivo degli Chef può essere alterato in positivo o in negativo dalla produzione, in modo da rendere di maggiore impatto l’arrivo dei “salvatori”, quindi ciò che vedremo non è fedelmente la rappresentazione della realtà e di conseguenza la necessità di un aiuto viene sottolineata “troppo”. Un punto fondamentale è anche la location e quindi gli stili di cucina che vengono imposti nella correzione degli “errori”. Fare ristorazione in Italia non è fare ristorazione nel resto del mondo e come è facilmente deducibile dalle puntate, Cannavacciuolo impronta una linea di piatti nei menù costante e che ha successo assicurato per semplicità e matematica riuscita verso i clienti. Infine, un accento è da porre sui modi con cui Antonino e Gordon approcciano i titolari delle attività in crisi, diametralmente opposti: il porsi pacato del gigante buono contro gli isterismi, alle volte esagerati e quasi macchiettistici, del moderno Diavolo della cucina.


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