"Che cos'è il calcio?". Una domanda che al giorno d'oggi riscuoterebbe le risposte più disparate. Su una cosa, però, non si può obiettare: il calcio è cambiato. E no, non solo negli schemi, nei movimenti o in tutto ciò che riguarda il rettangolo verde. Il calcio è cambiato anche per quanto concerne l'ambiente che ci gira attorno: dai tifosi ai calciatori, dai tecnici fino ai massimi dirigenti delle società, abbiamo assistito ad un'evoluzione di princìpi e valori che, nella sua irrazionalità, può farci capire, per sommi capi, cosa è diventato il calcio.
Locuzioni come "onorare la maglia" o "giocare per divertirsi" sono ormai passate in secondo piano, allontanando sempre di più questo sport dalla sua accezione più evocativa, ovvero l'essere un gioco. Perché, in tutti questi decenni di trasformazioni e sviluppo, praticare il calcio a livello professionistico è diventato tutt'altro che passionale e dilettevole. Per certi versi è anche giusto che sia così, ma la continua ostentazione di doti morali rigettate alla prima occasione ha assunto un peso ormai troppo grande da sopportare.
Di esempi se ne possono fare tantissimi. L'ultimo è tra quelli che ha destato più clamore: Gianluigi Donnarumma, noto tifoso del Milan fin da bambino, dopo essersi promesso a vita al club rossonero, ha deciso di voltargli le spalle al primo momento buono, spiazzando chiunque. Non gli sono bastate le possibilità di poter diventare una bandiera della squadra ed un contratto molto sostanzioso: Gigio ha detto "no", procurando una ferita insanabile con società e tifosi. Non sappiamo quanto di suo ci sia in questa decisione, ma è stata sicuramente forte l'impronta del suo procuratore Mino Raiola, non nuovo a situazioni di questo genere.
Cosa c'entra Marek Hamsik in tutto ciò? Niente. Anzi, assolutamente niente. Il capitano del Napoli non ha nulla a che vedere con tutto quello scritto fino ad ora. Ed è per questo che allo slovacco andrebbe dedicato un vero e proprio panegirico. Perché per molti, nonostante la sua età (30 anni da compiere a luglio), può essere tranquillamente paragonato ad una bandiera dei partenopei. Una causa che ha abbracciato quando aveva 20 anni, che lo ha accompagnato fino ad oggi e con ogni probabilità fino alla fine della sua carriera.
Le possibilità di lasciare il Napoli ci sono state. Proposte molto vantaggiose fatte da squadre prestigiose, ovviamente controllate dal vispo sguardo di Raiola: l'ex pizzaiolo, infatti, gestiva anche gli interessi dello slovacco e sono stati continui i suoi tentativi di allontanarlo dalla gente che lo ha amato e coccolato fin dal primo momento. Ma Hamsik si è sempre opposto in prima persona a qualsiasi tipo di movimento, arrivando addirittura a scaricare il noto procuratore FIFA e rispondendogli a tono: "finché sarò felice resterò qui".
Una presa di posizione netta e che spiazzò Mino, poiché abituato a muovere i propri assistiti a suo piacimento. Qualche giorno più tardi si chiederà: "Marek valeva 70 milioni, adesso invece?". Ora Hamsik non ha prezzo. Non solo per le sue prestazioni in campo, ma anche per questo suo lato etico che, purtroppo, in molti, hanno smarrito durante il loro percorso professionale.
Ed oggi il Napoli può vantare nel suo capitano una persona da ammirare a tutto tondo, un esempio di professionalità ed impegno da impartire ad ogni ragazzino col sogno di diventare calciatore. E presto, infatti, riscriverà un pezzo di storia di questo club, agganciando Maradona nella classifica dei calciatori più prolifici in maglia azzurra per un record che dura da tantissimo tempo.
Dunque, la prossima volta che vi chiederanno "che cos'è il calcio?" soffermatevi anche su aspetti come questi. Perché se oggi il calcio è ancora lo sport più amato al mondo, nonostante i suoi numerosi difetti, è anche grazie a persone come Marek Hamsik.