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Elogio dell'eretico Rovelli


L'alternativa cosiddetta populista ha naturalmente irrobustito le radici della pensée unique. La critica al mercato globale si è risolta in una nuova ondata di nazionalismi autarchici e xenofobi, il sospetto verso l'informazione ufficiale è scaduto nella diffusione di falsità, l'ombra di interessi lobbistici e industriali ha eroso la fiducia nella scienza. Sono motivi convincenti per affermare che non c'è alternativa, che i fondamenti della modernità occidentale sono indiscutibili. Il conformismo cresce tra le voci autorevoli e i comuni mortali, intorno a questioni generali come su piccoli episodi. Si vorrebbe l'opinione pubblica divisa tra reazionari competenti e cialtroni deliranti, a discapito di chi propone seriamente punti di vista inediti. Un buon esempio di questo clima coinvolge il celebre e stimato Carlo Rovelli.

Carlo Rovelli è un fisico italiano di fama internazionale. È tra i fondatori della teoria della gravitazione quantistica a loop e attualmente insegna all'Università di Aix-Marseille, in Francia. Autore di vari saggi (l'ultimo, "L'ordine del tempo", è uscito per Adelphi meno di un mese fa), ha guadagnato un successo clamoroso con "Sette brevi lezioni di fisica" (Adelphi, 2014), che ha venduto più di un milione di copie nel mondo. Il libro è una carrellata sulla fisica novecentesca ed i suoi sviluppi, scritto «per chi la scienza moderna non la conosce o la conosce poco». Un pubblico a cui tipicamente le scienze naturali sono presentate sotto il segno dello specialismo e al servizio della tecnologia e che trova invece in queste pagine un inno alla bellezza del sapere e della cultura: «Ci sono capolavori assoluti che ci emozionano intensamente, il Requiem di Mozart, l’Odissea, la Cappella Sistina, Re Lear… Coglierne lo splendore può richiedere un percorso di apprendistato. Ma il premio è la pura bellezza. E non solo: anche l’aprirsi ai nostri occhi di uno sguardo nuovo sul mondo. La Relatività Generale, il gioiello di Albert Einstein, è uno di questi».

Rovelli non si distingue solo per i contenuti e lo stile lirici, laddove molti attori delle scienze dure si pongono con altera ostilità contro simili «romanticherie». Già prodigo di riferimenti a diversi campi del sapere in questo ed altri scritti, egli ha avuto l'ardire di dichiarare, nel vortice scientista che riconosce al più alla filosofia contemporanea una funzione etica: «Se si deve raggiungere una nuova sintesi, credo che il pensiero filosofico sarà ancora una volta uno dei suoi ingredienti… Come fisico coinvolto in questo processo, spero che i filosofi interessati a una concezione scientifica del mondo non si limitino a commentare e rimettere a lucido le frammentarie teorie scientifiche già presenti ma che si prendano il rischio di cercare di guardare oltre». Tanto basterebbe a riconoscerlo come voce fuori dal coro. Ma l'esempio a cui facevo riferimento in apertura è situato al di fuori della scienza.

Il professore infatti non ha mancato di valicare i suoi confini professionali, ad esempio sul Corriere della Sera, con cui collabora.

Il 15 febbraio 2017 è apparso l'articolo "Sogni, errori, libertà: Il nostro '77 fu diverso", una narrazione retrospettiva del movimento giovanile a cui lui partecipò, sfociato poi nella lotta armata. Rovelli rievoca con passione il sogno condiviso di rivoluzionare la società e ne rivendica il valore. «Spesso nella storia i sogni di costruire un mondo migliore sono stati sconfitti. Ma hanno continuato a lavorare sotterraneamente. E alla fine hanno contribuito a cambiare davvero. Io continuo a credere che questo mondo sempre più pieno di guerra, di violenza, di estreme disparità sociali, di bigottismo, di gruppi nazionali, razziali, locali, che si chiudono nella propria identità gli uni contro gli altri, continuo a credere che questo mondo non sia l’unico mondo possibile».

Il giorno stesso Antonio Gurrado pubblica sul Foglio due paragrafi (di cui uno è quasi per intero una citazione dell'articolo di Rovelli) intrisi di sarcasmo. Ammonisce che «... le opinioni di un fisico sulla storia devono contare tanto quanto le opinioni di uno storico sulla fisica», prima di generalizzare a tutti gli scienziati l'accusa di «diffondere prospettive superstiziose». Peccato che Rovelli avesse premesso alla sua testimonianza: «Io non so fare analisi storiche e sociologiche e non voglio confondere la mia esperienza personale, mia e di qualche amico, con un fatto storico».

Ancora, l'11 giugno 2017 firma una recensione del libro "Ma quale paradiso?" di Francesca Borri, un'indagine sul fertile reclutamento dell'ISIS alle Maldive. Lo consiglia caldamente («Io scrivo di fisica alzando gli occhi al cielo, lei scrive guardando il dolore sulla terra: i suoi libri sono più importanti dei miei») perché «capire significa aprire gli occhi sulla complessità. La diversità dei punti di vista».

Stavolta grida allo scandalo Mattia Feltri, che quest'anno ha ereditato da Massimo Gramellini il "Buongiorno" de La Stampa. La parte incriminata è un'analogia tra i foreign fighters e i volontari che andarono a combattere la guerra civile spagnola contro Franco, per numero, varietà di provenienza e passione. «Che gli jihadisti siano mossi dalle stesse pulsioni degli antifranchisti, sempre che sia vero, non vuol dire nulla: anche Hitler e Mao si consideravano salvatori dell’umanità, ma non cambiamo giudizio su di loro», si indigna Feltri, che rispedisce al mittente l'invito a «provare a capire cosa sta succedendo, che motivi hanno in testa gli uni e gli altri». Anche in questo caso Rovelli si era cautelato: «Non vorrei fare avvicinamenti impropri che possano fare inorridire qualcuno né soprattutto equivocare sugli obiettivi politici che sono ovviamente lontani». Il paragone scomodo era un esempio di come i fenomeni complessi debbano essere analizzati superando le polarizzazioni semplicistiche, come nel libro di Borri, e non una giustificazione del terrorismo islamista, come invece interpreta Feltri.

Questi casi mi sembrano indicativi del conservatorismo diffuso degli intelletti. La Storia marcia nell'unica direzione possibile e traccia un confine sicuro tra bene e male. Chi esca dal solco è una minaccia da fermare. Al punto che non valgono i contenuti particolari: elogiare l'utopia di un movimento finito male è una blasfemia storiografica, anche se è un ricordo personale che di storiografico non ha nulla; interrogarsi sulle motivazioni dei terroristi equivale a sostenerli. Al contempo Rovelli è un ottimo modello di come si possa infrangere le ortodossie senza perdere il contegno argomentativo e l'onestà intellettuale. Che sogni ancora un futuro diverso o che illustri le teorie della fisica come un poeta. Via, quest'ultima, che il mondo ha gradito.

«Albert [Einstein, ndr] leggeva Kant e seguiva a tempo perso lezioni all'Università di Pavia: per divertimento, senza essere iscritto né fare esami. È così che si diventa scienziati sul serio».


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