*ATTENZIONE SPOILER*
La città di Dio (Cidade de Deus) è una favela di Rio de Janeiro, costantemente in mano alla violenza ed alla criminalità: il caos regna sovrano. Non ci sono leggi e regole, è un quartiere nelle mani dei banditi e della violenza: una macchia di sangue che si aggiorna continuamente. La maggior parte delle famiglie non riesce ad andare avanti e si affida alle rapine ed alle razzie effettuate dai propri giovani. In questi è radicata la violenza e solo in pochi sanno leggere, c'è un'assenza enorme di cultura. Proprio in questo ambiente di povertà e di degrado sguazzano i personaggi del film, la cui storia è un manifesto di quella violenza nuda e cruda. L'opera stessa, pur avendo una sua fisionomia e vale a dire storia e personaggi ben caratterizzati, è un'ampia visione di questa favela. Ci si potrebbe domandare: è possibile gestire una storia il cui ambiente è così vasto, visto e considerato che essa non è altro che la rappresentazione di quell'ambiente stesso? Beh...certamente Meirelles ha fatto del suo meglio... e ci è riuscito.
Le vicende hanno luogo in diverse fasce temporali, ma seguono sempre la gioventù di Buscapé, protagonista del film. Nonostante Buscapé sia onnipresente, la pellicola è, piuttosto, il manifesto spudorato e realista dell'efferata criminalità di tutto il quartiere. Come lasciato intuire, questa pellicola è altamente complessa: è presente un' ingente quantità di personaggi, ma tutti sono ben caratterizzati e ottimamente gestiti dal regista.
Meirelles è riuscito ad ampliare degli orizzonti e dei limiti che si potevano presentare, pur rimanendo perennemente nell'ampia favela. Il ritmo narrativo resta sempre molto alto (nonostante tutto) e si accoppia con le tante diverse sequenze in cui si vede il quartiere disagiato, teatro delle vicende e dei personaggi che interagiscono fra loro. Tutto ciò fa sì che per lo spettatore è complicato seguire il filo narrativo ed allo stesso tempo è per lui tremendamente complicato distogliere l'attenzione, poiché è immerso in esso. Ci vuole una certa saggezza per modellare con raffinatezza un lungometraggio di questo tipo, Meirelles ha fatto uso di uno stile sensato che non sfigura pur aiutandolo a terminare il lavoro con maggior efficacia. Si susseguono le scene e si arriva fino alla spannung e, poi, di punto in bianco, si cambia sequenza per far capire come ha fatto quel personaggio a giungere lì, raccontando la sua storia personale (che poi ogni personaggio simboleggia un certo tipo di criminalità) fino a giungere al punto in cui le vicende si erano interrotte. Nel quartiere c'è chi è violento per fanatismo e chi lo fa per vivere. Prendiamo due personaggi a titolo d'esempio: Bené e Zé Pequeno. L'uno rapina solo per cercare di guadagnare soldi, infatti, quando si rende conto di essersi innamorato della bella Angelina, decide di andare via con i soldi guadagnati; l'altro, invece, non riesce a moderarsi divenendo via via più fanatico ed usando la violenza non sapendo far altro, perfino le donne le prende con la forza. Tutte queste tensioni culmineranno nella magnifica scena ambientata nella discoteca. Nel momento dell'uccisione di Bené, le luci diventano ad intermittenza, altra trovata geniale del regista.
Bené e Ze Pequeno sono due esempi di criminali, ma di personaggi così ce ne sono a bizzeffe. Perfino i bambini sono selvaggi e brutali e stanno sulla stessa lunghezza d'onda di Ze Pequeno. L'ambiente in cui vivono ha inculcato in loro la violenza, simbolo dello spaccato tra le zone più e meno abiette di Rio de Janeiro. Tutti i ragazzi del quartiere hanno a che fare, in un modo o nell'altro, con questa merda e si schierano, talvolta, con una banda e altre volte con altre. Alcuni personaggi attraversano un percorso psicologico, frutto delle esperienze che hanno subito. Ze Pequeno è cattivo in assoluto ma anche lui tenta come Bené di trovarsi una donna. Tuttavia, quando questa lo rifiuta, si scatena la sua ira. Come ha affermato Bené "per te sono tutti figli di puttana...ecco perché me ne vado". Pequeno l'ha visto come un tradimento e così ha scatenato la sua furia. Oltre a questi due, un altro personaggio interessante è Galinha che si aggrega ad una banda per vendicare la morte del fratello per mano di Ze Pequeno. Laddove Galinha non riesce a sottrarsi al desiderio di vendetta, Buscapé riesce eccome, non riconoscendo nella violenza l'unico metodo per risolvere i suoi problemi e rinunciando così ad ammazzare Ze Pequeno che gli aveva ucciso il fratello. Come la regia ed il montaggio, anche la sceneggiatura è ottima ed è grazie a ciò che la pellicola non risulta né ridondante né eccessivamente lunga e pesante. Incredibile è come Meirelles è riuscito ad evidenziare l'orrore delle favelas completamente dimenticate da tutto ed allo stesso tempo a creare un'opera avvincente che trasmette un senso di inquietudine ed invita a riflettere con parti lugubri. Nonostante la violenza sia ripetuta e costante e il ritmo sia incalzante, ci sono alcune scene più forti e drammatiche di altre. Ho citato quella della discoteca ,ma, ad esempio, non è da sottovalutare quella in cui un ragazzo si trova al bivio soffocante e deve scegliere chi tra i due bambini deve perdere la vita per causa sua. Capitano nel film certe situazioni inquietanti, sembra quasi che in quell'ambito i rapporti tra gli uomini siano solo legati al dolore ed alla morte, come se fosse impossibile qualsiasi legame al di fuori della violenza. Buscapé, pur tentando di estraniarsi da quel mondo, viene suo malgrado coinvolto di tanto in tanto nel traffico di droga, ma egli riesce sempre a tirarsene fuori trovando successivamente la sopravvivenza lavorando proprio nell'ambiente della sua più grande passione: la fotografia. Rappresenta così quel filo di speranza, che permane ovunque. Ciononostante, il film si conclude con dei ragazzi che architettano le loro prossime vittime, denotando così l'onnipresente anarchia e povertà che tormenta la città di Dio.