Il miglior attacco contro la miglior difesa; isolamenti contro condivisione del pallone; pick&roll contro blocchi sul lato debole, penetrazioni al ferro contro tagli back-door. Tutto questo è Cleveland contro Golden State, una sfida piena di volti, di maschere, di storie.
Cominciare dai dati per analizzare queste due squadre è un buon punto di partenza, ma sicuramente non un punto d’arrivo, Cavs-Warriors è molto, molto altro...
I Cavaliers hanno deciso di affidarsi alla matematica e quindi al tiro da dietro l’arco, tirare da lì permette di guadagnare un punto in più, questo sembrava già averlo capito Golden State prima di loro, ma se guardiamo i dati di quest’ anno è senza dubbio Cleveland la franchigia che tira di più dalla lunga distanza, secondi sono i Rockets e terzi i Warriors (con il 5,5 % in meno dei Cavs). Per non parlare delle percentuali ottenute fino ad ora nei Playoffs dai campioni in carica. Numeri da capogiro, numeri che fanno spaventare qualsiasi difesa, anche la miglior difesa di quest’anno: quella di Golden State.
I giocatori di Cleveland stanno tirando da tre con una percentuale superiore al 40% e che sfiora il 53%, unica eccezione fatta per Kyrie Irving che è al di sotto, ma su cui Golden State sicuramente non può permettersi il lusso di scommettere.
Dall’altro lato, invece, in casa Warriors, a farla da padrone sono il ritmo e soprattutto la capacità di muovere il pallone, come dimostra, oltre alla prova visiva, anche il numero di tocchi: 423 in media quelli di Golden State (secondi di un soffio alle spalle dei Celtics), 383 per Cleveland. Una distanza siderale, sottolineata ancora meglio dal numero di palloni che transitano in post nello sviluppo dell’attacco degli Warriors: ben 20.1 a partita, quasi il doppio degli 11.5 portati fin lì da James e compagni. Ma come, la squadra dello small ball è quella che transita più spesso dalla confort zone dei lunghi e del gioco spalle a canestro? Sì, proprio perché quella è una tappa necessaria all’interno dell’attacco. Non il traguardo, ma parte del percorso. Da lì, infatti, nessuno generà così tanti assist diretti, né così tanti punti. Anche il blocco diventa un mezzo e non il fine dell’attacco, visto che soltanto nel 12.8% dei casi si chiude con una conclusione dell’uomo in possesso di palla.
LeBron – il re delle Finals
L’ultima gara di finale senza lui in campo infatti risale al 17 giugno 2010. Era la lega di Bryant, Garnett, Allen e Pierce, con i soli Pau Gasol e Rajon Rondo tra i titolari di quella sfida a tenere alta la bandiera dei “sopravvissuti” all’impero del Re. I record che il numero 23 ha messo a referto nelle ultime stagioni sono impressionanti, con l’ultima ciliegina messa sulla torta grazie ai 35 punti realizzati in gara-5 contro Boston che gli hanno permesso di superare Michael Jordan, collocandosi così al primo posto tra i migliori marcatori della storia playoff.
Chi marca Durant?
Rispetto allo scorso anno, la presenza di Durant cambia totalmente il sistema difensivo dei Cleveland Cavaliers.
La presenza di Kevin Durant tra le fila dei Golden State Warriors ha cambiato i rapporti di potere all’interno della Western Conference e nella NBA stessa, ma soprattutto li cambia tatticamente in campo per le due squadre. Perché i Cavs negli ultimi anni hanno potuto preparare difensivamente le loro serie con l’obiettivo principale di arginare Steph Curry, anche a costo di concedere tiri completamente aperti ai vari Andre Iguodala e Harrison Barnes. A poter godere di quei tiri, ora, ci sarebbe un tiratore del livello di Kevin Durant, uno che di sicuro non si può lasciare smarcato sul perimetro e, anzi, costringe la difesa a una marcatura speciale per far fronte alle sue doti realizzative. Proprio la sua marcatura si propone come il dilemma tattico principale della serie: chi si prende cura di Kevin Durant?
Siamo pronti, allora, ad una delle Finals NBA che resterà nella storia, che verrà ricordata per anni. Siamo pronti ad assistere a Irving contro Curry, a LeBron contro Durant, siamo pronti ad assistere a Cleveland – Golden State.