Uno degli emblemi della cultura enogastronomica Italiana ormai da anni, il re delle tavole nostrane e, dati Istat alla mano, il 3° alimento più consumato nella comunità Europea: sua maestà, il pane. Come ogni prodotto dalla elevata varietà e dall'elevato consumo soprattutto, è soggetto a frodi alimentari riguardanti specialmente quella che è la sua filiera, con l’inserimento, nel processo di panificazione di una serie di additivi chimici che ne aumentano la durata (parliamo del prodotto grezzo, quindi l’impasto) e incrementano i picchi di lievitazione e ne diminuiscono la durata per ottimizzare i guadagni e la produzione. Ma da dove nasce l’esigenza di un “Pane” con determinate caratteristiche di conservazione ed immediata disponibilità? Il concetto fondamentale nasce dalla domanda impellente e ripetuta di pane sempre fresco, alle quali da sempre ovviano i classici “Mastri panificatori” che trasformano in maniera fine e unica la materia prima e offrono ad un prezzo non sempre abbordabile la Prima qualità, il cui processo di produzione più lungo e articolato alza i costi. Dall’altra parte della barricata c’è la concorrenza, colei che nell’ultimo decennio sta uccidendo le piccole botteghe, magari a conduzione familiare: la G.D.O. Nei supermercati si trovano ai banconi del pane e affini una serie di prodotti imbustati che non sono in grado di competere con i prodotti artigianali, ma che hanno mercato, in quanto disponibili in grosse quantità, sfruttando il mezzo della grande distribuzione organizzata e per la perenne accessibilità e in tempistica e a livello economico. Dietro l’apparente convenienza si nascondono, però, una serie di manipolazioni poco corrette nei passaggi della filiera: si inizia dall’utilizzo di agenti lievitanti di natura industriale, chimica, che presentano nella composizione additivi, i quali aumentano il rendimento del lievito in un tempo minore del necessario, che, però, ricade sulla qualità della rosetta, sfilatino, mezzaluna… Esperimento, facile da attuare per verificare tutto il materiale fin ora letto, è comprare 2 panini nella stessa mattinata, 1 dal panificio dietro casa e l’altro in un G.D.O. Aspettare il pranzo o comunque 2/3 ore dall’acquisto e fare la prova dello “scrocchio”: pigiare sulla superficie del prodotto e osservarne il comportamento. Sarà evidente che la croccantezza del primo sarà elevata rispetto al secondo e, inoltre, sarà più elevata la qualità della mollica interna e così via...una disparità molto più evidente di tutti gli altri parametri osservabili ad occhio nudo. Il processo produttivo di un alimento così antico come il Pane è un fatto serio e non deve essere per niente manipolato, traslato o rovinato per una mera questione consumistica, a onor di cronaca il pensiero comune di tutti i produttori indipendenti che fedelmente seguono le ricette antichissime a partire dalla creazione del lievito madre e all’impasto, alla cottura in forni a legna con utilizzo di determinati legnami per alimentare il fuoco. Acqua, Farina, sale, lievito: la ricetta della felicità, l’ emblema della convivialità, il pranzo domenicale e una persona che taglia il pane per tutti...concetto ripreso nella religione, nel cinema, ovunque. Associazioni come l’assopanificatori hanno l’obiettivo comune di difendere la tradizione e di unirsi sotto lo stesso fronte per creare una rete di comunicazione, scambio di informazione e instauro di convenzione per valorizzare un prodotto di qualità, Made in Italy e sicuro per il consumatore.