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Genealogia mediatica del “Blue Whale”

Centinaia di adolescenti russi che saltano dai tetti facendosi filmare. Il suicidio come missione finale di un gioco, diffuso su un social network, che impone di portare a termine 50 compiti in 50 giorni, inclusi autolesionismo, alterazione del sonno, consumo di materiale audiovisivo macabro. Alla regia psichiatri attivi da vari paesi e un ex studente di psicologia che vuole purificare la società. Il conturbante reportage de Le Iene andato in onda domenica 14 maggio racconta così «la Blue Whale, “balena azzurra”, folle e raccapricciante rituale psicologico pensato per diffondersi in rete e strutturato per indurre la mente dei ragazzini a una sorta di depressione profonda, talmente profonda da convincere questi adolescenti che l'unico modo per potersene liberare è la morte».

Così descritto, il fenomeno, che sembra costruito per un episodio di Black Mirror, appare come un’estremizzazione di alcuni caratteri problematici della nostra epoca. L'urgente ricerca di consenso virtuale, la spettacolarizzazione dell’orrore, la connettività come strumento di diffusione e propaganda di azioni criminali.

Eppure questa vicenda si sta mostrando paradigmatica dei nostri giorni per un altro motivo: la proliferazione incontrollata di notizie contraddittorie e difficilmente verificabili. In rete Blue Whale è un fenomeno certo, una bufala conclamata, una vicenda poco chiara e, come potrebbe essere altrimenti, l'oggetto di teorie del complotto opposte, che scivolano negli intrighi della geopolitica.

Sia sul piano dei contenuti che su quello della copertura mediatica abbiamo a che fare con un caso indicativo della nostra condizione culturale.

Partiamo dall'inizio e diamo ordine a quello che i media mettono confusamente a disposizione. Si tenga presente che in questi giorni, non solo in Italia, l'argomento sta suscitando grande interesse ed ogni giorno si aggiungono nuove informazioni. La ricostruzione che segue è da considerarsi valida nei limiti cronologici della sua pubblicazione (post aggiornato l'8 giugno 2017).

  • Quasi tutto quello che ad oggi sappiamo di Blue Whale, e che il servizio de Le Iene mostra, è contenuto in una lunga inchiesta intitolata "I gruppi della morte", scritta da Galina Mursalieva e pubblicata sul sito Novaya Gazeta il 16 maggio 2016. La fonte dell'inchiesta, di cui il giorno dopo è apparso un commento in inglese su RT, sono le testimonianze dei genitori delle vittime. L'inchiesta mette in relazione almeno 80 di 130 suicidi commessi da adolescenti russi tra il novembre 2015 e l'aprile 2016 con almeno 1500 gruppi esistenti sul social network VKontakte, dei quali le vittime avrebbero fatto parte. Gli amministratori di questi gruppi avrebbero eseguito un'attività sistematica, convincendo i ragazzi adescati di avere uno scarso valore e presentando la morte come un'opportunità di riscatto. Quindi li avrebbero guidati al suicidio attraverso una serie di sfide, inclusive di autolesionismo. L'articolo menziona il caso di Rina Palenkova (Irina Polyncova, nei sottotitoli de Le Iene), che il 23 novembre del 2015 si è fatta decapitare da un treno. Il giorno prima aveva postato un selfie su VK con la didascalia "Addio", diventato poi un meme. In breve tempo intorno alla ragazza è nato un culto, fatto anche di compravendita di immagini e contenuti a lei legati, inclusa una foto del cadavere. Anche il nome di Angelina Davydova, la cui madre è stata intervistata dalla iena Matteo Viviani, appare: la dodicenne si è lanciata dal quattordicesimo piano di un edificio il 25 dicembre 2015 (il Natale ortodosso cade il 7 gennaio), nello stesso giorno in cui altre ragazze si sono tolte la vita, e ultimamente disegnava spesso balene. Inoltre un video mostrerebbe un adolescente lanciarsi da un ponte nel febbraio 2016. Il reportage ha ricevuto critiche per l'assenza di prove che dimostrino l'influenza diretta di questi gruppi sui suicidi, e il sito Meduza ha suggerito che sia più ragionevole pensare ad un rapporto causale inverso, cioè che adolescenti tentati dal suicidio si unissero a gruppi simili (le testimonianze dei genitori, tuttavia, sono in contrasto con questa ipotesi). Queste critiche non hanno ostacolato la forte eco dell'inchiesta, che ha mobilitato comitati di controllo e determinato la chiusura di molti gruppi VK legati al tema del suicidio. L'autrice ha inoltre dichiarato di aver trasmesso il materiale in suo possesso alle autorità giudiziarie.

  • Il 17 maggio 2016, il giorno seguente l'inchiesta di Novaya Gazeta, il sito Lenta.ru ha pubblicato una sua indagine. Questo tipo di gruppi sarebbe esistito fin dalla metà del 2015 e avrebbe guadagnato popolarità dopo la morte di Palenkova. L'inchiesta contiene un'intervista a More Kitov, creatore di Sea of Whales (presumibilmente l'iconografia e il nome mediatico del fenomeno nascono qui, con riferimento alle morti in cui incorrono alcune balene azzurre che si spiaggiano), una delle community che ha alimentato il culto di Rina Palenkova - culto che sembra comprendere anche il lancio di un ARG (Gioco a Realtà Alternata). Kitov dichiara che l'intento di questi gruppi era sfruttare il clamore intorno al suicidio della ragazza per attirare utenti e dunque ottenere pubblicità dagli sponsor. Il primo ideatore di questa strategia sarebbe stato Philipp Budeykin, noto online come Filip Lis ("Lis" significa "volpe"), creatore del gruppo f57, che avrebbe inventato il mito di una setta suicida e generato cloni che invitavano al suicidio. Sia Kitov che altri admin hanno poi affermato di attirare ragazzi desiderosi di morire per aiutarli.

  • Il 20 maggio 2016 Meduza informa che la polizia ha avviato un'indagine.

  • Il 15 novembre 2016 Philipp Budeykin è arrestato con l'accusa di aver istigato al suicidio quindici adolescenti. Il sito St. Peterburg riporta un'intervista al ragazzo. È qui che compaiono le dichiarazioni rilanciate, per motivi tutt'altro che chiari, da alcuni tabloid inglesi la settimana scorsa insieme alla notizia che Budeykin avrebbe confessato. "Morivano felici. Ho dato loro tutto quello che non avevano avuto nelle loro vite: calore, comprensione, comunicazione […]. Ci sono le persone e gli scarti biologici. Io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società”. Si legge inoltre che avrebbe creato il gruppo f57, colmo di materiale impressionante, nel 2013 e che questo sarebbe stato bannato nel 2014. Budeykin avrebbe poi cambiato versione, spiegando di averlo fatto per aiutare ragazzi con tendenze suicide o per ricevere likes.

  • Il 13 febbraio 2017 Meduza riporta una crescita di interesse nei confronti del gioco, stavolta descritto come una serie di obiettivi giornalieri da soddisfare in 50 giorni. Le ricerche della parola "whales" su Google sarebbero aumentate. Il 16 febbraio Novaya Gazeta torna sull'argomento.

  • Il 21 febbraio 2017 RadioFreeEurope/RadioLiberty pubblica una sua inchiesta. È un documento molto importante per tre ragioni. Da un lato giunge alla conclusione che non sussiste alcuna evidenza che colleghi anche un solo suicidio al gioco Blue Whale, giudicando insufficienti le testimonianze raccolte da Novaya Gazeta su cui sembra basarsi anche il servizio de Le Iene. Dall'altro accerta l'esistenza del gioco: membri della redazione hanno creato profili falsi di adolescenti e sono entrati in contatto con amministratori dei gruppi, i cosiddetti curatori, e giocatori. Un curatore ha spiegato le regole del gioco: tenere segreta la partecipazione, portare a termine degli incarichi ed inviare una foto dimostrativa al curatore, morire alla fine del gioco. In caso di abbandono, il giocatore sarebbe stato rintracciato e ne avrebbe pagato le conseguenze. Poi ha assegnato la prima missione, incidersi il simbolo F58 sul braccio, ma quando ha ricevuto un fotomontaggio non ha continuato. Durante quest'esperienza pagine e profili di VK erano frequentemente oscurati e bloccati (Burul Makenbaeva, direttore della ONG Mental Health and Society di Bishkek, ha espresso ad Eurasianet il timore che il panico per Blue Whale potesse portare ad un blocco dei social network). Il terzo elemento notevole è un'intervista rilasciata da Rostislav Gubenko, avvocato difensore di Budeykin, secondo cui uno solo dei casi a lui contestati sarebbe stato ancora sotto indagine.

  • Il 3 marzo 2017 Life.ru denuncia la diffusione del gioco in Europa. Nei primi giorni di marzo due utenti rispondono su Reddit alla domanda "quali sono le 50 sfide precise della Blue Whale?" fornendo due liste in inglese molto simili (la seconda è mostrata da Le Iene), entrambe tradotte da siti russi.

  • Il 13 marzo 2017 NetFamilyNews.org, il blog di Anne Collier (giornalista, avvocatessa e direttrice esecutiva dell'organizzazione non-profit The Net Safety Collaborative), parla senza mezzi termini di fake news. Il post è basato su un dialogo dell'autrice con Georgi Apostolov del Bulgaria’s Safer Internet Centre (finanziato dall'istituto bulgaro Applied Research and Communications Fund e dalla Commissione Europea), il quale rivendica l'impegno della sua organizzazione su Facebook nel combattere notizie false, diffuse sui social per clickbaiting, che potrebbero provocare gesti di emulazione. Secondo Apostolov l'inchiesta di Novaya Gazeta non dimostra alcuna causalità e il governo russo se ne è servito per elaborare un piano per la prevenzione dei suicidi (l'allusione è ad un'operazione di censura o comunque di controllo dei social). La strumentalizzazione politica sarebbe dimostrata anche dall'accusa mossa ai nazionalisti ucraini di essere i responsabili del massacro (il quotidiano Kommersant ha riportato accuse simili nella cronaca della riunione della Public Chamber, organo consultivo russo di controllo dell'operato politico, avvenuta il 16 febbraio 2017 per discutere la proposta di inasprire le pene per il reato di istigazione al suicidio). Apostolov ammette l'esistenza di gruppi su VK che condividevano materiali macabri e parlavano di giochi del suicidio, ma fa notare che nell'arco di questi mesi soltanto Budeykin è stato arrestato e che non ha subito condanne per assenza di prove. Inoltre sottolinea che la percentuale di suicidi infantili in Russia è regolarmente alta (un dato online stima 461 minorenni suicidi nel 2013. Bloomberg scrive che secondo la deputata russa Irina Yarovaya i suicidi di adolescenti sono aumentati da 461 nel 2015 a 720 nel 2016). Infine cita un articolo del quotidiano Izvestia: VKontakte avrebbe identificato centinaia di bot che usavano l'hashtag "Blue Whale" e Sergei Grebennikov, capo dell'organizzazione che amministra il dominio internet .ru, avrebbe dichiarato che gli utilizzatori di questi hashtags sono curiosi, pubblicitari o tecnologie di diffusione di informazioni. Il 18 maggio 2017 NetFamilyNews.org ha pubblicato un aggiornamento del post. Bulgarov conferma i suoi dubbi e il timore che la diffusione di queste notizie possa avere effetti negativi su ragazzi instabili.

  • Il 10 maggio 2017 il Daily Mail, seguito da altri siti di informazione inglesi, scrive che Philipp Budeykin ha confessato di aver spinto 17 adolescenti al suicidio, ma allega le dichiarazioni pubblicate a novembre da St. Peterburg. Aggiunge che il ragazzo sta ricevendo delle lettere d'amore nel carcere in cui è detenuto. Sono riportate anche alcune dichiarazioni dell'investigatore Anton Breido - secondo cui Budeykin avrebbe perfezionato le tecniche di manipolazione a partire dal 2013 - e la testimonianza anonima di una ex giocatrice. Breido spiega che è difficile trovare delle prove perché i curatori ordinavano di cancellare le conversazioni. Si individuano altre ragazze suicide: Vilena Piven, lanciatasi l'8 dicembre 2016 dal 13° piano di un palazzo a Mariupol, in Ucraina (avrebbe scritto su VK che l'ultimo passo era più difficile di quanto pensasse); Diana Kuznetzova, morta il 9 gennaio 2016 (è la figlia dell'altra donna intervistata da Matteo Viviani); Anna K, trovata impiccata a marzo; Yulia Kostantinova e Veronika Volkova, saltate insieme da un 14° piano il 26 febbraio 2017 (il Siberian Times riporta screenshot dei loro profili Instagram e VK, con foto di balene e stati d’addio). Il suicidio di Angelina Davydova è collocato cinquanta giorni dopo l’iscrizione al gruppo “Wake Me Up at 4.20”.

  • La pagina tumblr fromrussiawithcrime riporta una lunga lista di casi di suicidio presumibilmente connessi ai “gruppi della morte”. Si tratta perlopiù di adolescenti e bambini apparentemente depressi.

  • Il 14 maggio 2017 va in onda su Italia 1 il servizio de Le Iene “Blue Whale: suicidarsi per gioco” , firmato da Gaston Zama, Matteo Viviani, Andrea Di Cello, Alessandro Politi e Simone Vasco Viviani. L’inchiesta è partita in seguito ad una segnalazione che ipotizzava un nesso tra il suicidio di un quindicenne a Livorno, lanciatosi il 4 febbraio 2017 dal 26° piano dell’edificio più alto della città, e il fenomeno Blue Whale. Si parla di centinaia di ragazzini che si sono lanciati dai tetti facendosi filmare, tutti coinvolti nel gioco. Il servizio mostra sei video (due presi da LiveLeak) in cui delle persone (quelle riconoscibili sono adolescenti) si lanciano da alcuni edifici*. Quindi raccoglie le testimonianze della madre di Angelina Davydova, della madre di Diana Kuznetzova e di Serghei Pestov, padre di «una giovane vittima», che ha fondato il Centro per la salvezza dei bambini dai crimini online ed ha promosso un numero verde . Le due donne dichiarano quanto segue. Le ragazze non avevano manifestato segni di depressione (sebbene si sia scoperto in seguito che Diana avesse già tentato il suicidio in due occasioni) ed entrambe disegnavano o pubblicavano ultimamente immagini di balene. Altri bambini sapevano che Diana stesse giocando, la sua morte è stata celebrata sui social e nel suo profilo è stato trovato un messaggio di incitamento da un profilo falso. Diana riceveva link su come uccidere delle persone, il suo profilo era online durante e dopo la morte, così come l'applicazione Periscope, e uno stato postumo recitava "Perdonatemi". L'uomo invece stima 157 vittime della Blue Whale in Russia, dichiara di essere a conoscenza di casi in Brasile, Gran Bretagna e Russia e spiega che alcuni dei responsabili sono psichiatri che agiscono in Israele, Canada, Ucraina. Una variante del gioco rivolta ai bambini più piccoli, "La fata di fuoco", ha spinto una bambina di cinque anni ad ustionarsi gran parte del corpo: un cartone animato mostrerebbe che, accendendo il gas in cucina, ci si trasforma in una Winx. Il reportage si conclude con la testimonianza di un amico del ragazzo livornese. Questi raccontava di svegliarsi la notte per andare a correre e di guardare film horror ogni sera, pochi giorni prima dell'accaduto aveva un taglio profondo sulla pancia e le telecamere del grattacielo lo hanno ripreso mentre si filmava. Indizi che fanno sospettare un primo caso di Blue Whale in Italia.

* Il 30 maggio 2017 il collettivo Alici Come Prima ha mostrato su YouTube quattro video originali, come sono visibili su LiveLeak, dei sei che sono stati montati nel servizio. Nessuna delle descrizioni su LiveLeak dei video fa riferimento al Blue Whale (due dei suicidi ripresi sono ricondotti rispettivamente a problemi coniugali e di droga) e non tutti i video sono girati in Russia (uno in Cina, l’altro in Ucraina). Un video è stato aggiunto nel marzo 2014 (i presunti casi di Blue Whale avrebbero avuto inizio nel novembre 2015), un altro è composto da scene filmate in luoghi diversi.

In un’intervista rilasciata a Selvaggia Lucarelli e pubblicata sul Fatto Quotidiano il 7 giugno 2017, Matteo Viviani ha ammesso di non aver verificato i video, che avrebbe ricevuto da una tv russa.


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